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Penso a David e mi viene in mente Freddie.
Il primo album in CD lo acquistai a vent’anni, a Cuneo, mentre ero in servizio militare. A pensarci adesso, mi sembra ovvio. Lo spartiacque fra un passato di musicassette, con il nastro che ogni tanto si attorcigliava e dovevi buttare tutto, e il futuro lungo fin qui un quarto di secolo, con decine di dischetti nelle loro custodie quadrate di plastica, allineati e coperti sugli scaffali del mio studio, fu nel medesimo luogo in cui vent’anni prima ero nato anch’io.
Quel CD era, ed è ancora, Greatest Hits II dei Queen.
Under Pressure, con il duetto fra le loro voci così diverse e così uniche, è la seconda traccia dell’album; uno dei miei brani preferiti, in una raccolta nel quale mi è difficile trovare qualcosa che mi garbi meno.
Mi prendo un attimo per riascoltarlo…

 

Penso a David e mi viene in mente quella mattina del ’91, in cui il mio amico Paolo corse in qua da un’altra stanza e a noi giovincelli dell’Ufficio Leva del DMCN (°), riuniti a prendere il caffè, disse: “Ragazzi… Ragazzi!! Alla radio hanno appena detto che è morto Freddie Mercury!”.
In quel momento non capivo come mai un uomo di 26 anni apparisse così scosso da una tale notizia. Ero giovane, non avevo ancora perso nessuno a cui tenessi davvero. Ora sono molto più vecchio e so cosa vuol dire, so che quando un grande artista arriva alla radura in fondo al sentiero, è normale essere tristi, versare qualche lacrima, perché è come se una parte di noi non ci fosse più.
Ma so pure che non sarà una tale sciocchezza, come il non avere più un corpo materiale, a impedirgli di farci compagnia, emozionarci, regalarci magia, a noi come a coloro che verranno dopo di noi. Perché se è vero, come io credo, che la musica è una magia delle più potenti, Freddie e David sono stati due fra i più grandi maghi della storia.
E pur non credendo in una vita dopo la morte, del tipo di quella in cui crede chi ha fede in un qualche dio, credo o per meglio dire spero nel postulato fondamentale di Lavoisier (°°). Perciò mi piace immaginare che, in qualche sorta di iperuranio, le loro energie vitali, non più gravate dalle sofferenze della carne che ne hanno provocato il prematuro distacco, si siano ritrovate e si divertano un mondo, improvvisando jam sessions senza soluzione di continuità.

Penso a David e mi ritornano in mente alcune delle sue canzoni che hanno acceso la mia fantasia, penso a Heroes o ad Absolute Beginners che ho ascoltato chissà dove e mi sono rimaste dentro quand’ero appena un ragazzo, e non sapevo nemmeno chi fosse, lui, il Duca Bianco. O come il leit-motiv di un film recente che ho visto non molto tempo fa, che mi è piaciuto sì ma non tanto quanto ami ricordarlo ora; un film ricco di fantasia, di colore e di dolcezza, che è I sogni segreti di Walter Mitty.
Ground control to Major Tom…

Ecco, appreso della scomparsa di David Bowie, la prima cosa che mi è venuta in mente è che avrei voluto ricordarlo così, con i versi e la musica di Space Oddity. Per una di quelle coincidenze che mi inducono a credere in cose tipo la pozza delle parole di Scott Landon (*), un luogo trascendente dove tutti andiamo a gettare le nostre reti e pescare le nostre storie, ieri un’amica ha condiviso su Facebook il video che segue.
Appena qualche giorno fa, Sherazade scriveva che “un artista che ci lascia non può mai provocare dolore semmai un attimo di smarrimento perché infine lui resta in tutta la sua essenza e sta a noi preservarla.”
Ed eccola, l’essenza. E’ questa cosa qui.

Come si legge sulla relativa pagina YouTube, l’iniziativa nasce da un coro aperto di Toronto, che per l’occasione ha riunito spontaneamente più di cinquecento persone, convenute a cantare insieme in ricordo di David Bowie.
Ecco, ascoltando, osservando, e commuovendomi, di fronte alla straordinaria semplicità e bellezza di questo video, sono assolutamente convinto di una cosa: ciascuno di questi uomini e donne, ciascuno di noi, non è stato né mai sarà così vicino l’uno agli altri, non si troverà mai così in sintonia con se stesso e con l’universo, infinitesimale cellula del suo respiro, come nel momento in cui si dimentica di tutto e, semplicemente, canta o fa musica, meglio ancora se tutte e due le cose insieme.
E’ questa la magia. La cosa più simile all’immortalità che un essere umano possa provare. Ed è l’eredità di uomini come Freddie e David.
Dunque non è con tristezza che credo sia giusto ricordarli. Ma con una canzone. E un senso di commossa, profonda gratitudine.

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(°) Distretto Militare di Cuneo, che ora non esiste più.
(°°) Non per nulla il mio amico Paolo, a cui devo molto della mia cultura musicale moderna, è un chimico.
(*) Personaggio di Stephen King in La storia di Lisey.